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Le “Sonate da Camera” Di Agostino Steffani ora in CD

International press.

“LE SONATE DA CAMERA” DI AGOSTINO STEFFANI ORA IN CD.
di Ilaria Daolio

In tema di musica pre-classica le sorprese più emozionanti, e di maggiori spessore musicale ed interesse, non ci giungono dalle multinazionali del disco, se non occasionalmente, Da dimenticare, anche, le tirature in centinaia di migliaia di copie di etichette come “Archiv” o “Naxos”, continuamente impegnate a sfornare musica registrata in uno stile ormai obsoleto. E anche le seriosissime, e noiosissime, edizioni discografiche di “Ricercar”, con il loro forse un tempo prezioso, quanto fastidiosamente pretenzioso appellarsi a un’idea di “qualità artistica”, che per anni si è tentato di contrabbandare come “superiore” a quella di qualsiasi altra casa di produzione di musica “antica”, ma che, secondo noi, è, alla fin fine, solamente intrisa di snobismo e di velleità intellettualoidi.

Se ci si vuole “meravigliare” davvero, bisogna accollarsi la fatica di scartabellare tra i nomi di case discografiche poco note presso il grande pubblico (“BERLIN Classics”, per esempio), o di gruppi di produzione indipendenti – fortunatamente n’esistono ancora – che non sono etichette discografiche, ma il cui lavoro è infinatamente superiore a quello delle majors o delle medie cae discografiche – come il gruppo di privati produttori Centaurus, nel cui elenco di registrazioni si possono rinvenire autentici gioielli d’impreveduta bellezza. Ad esempio, la prima registrazione delle “Sonate da Camera” di Agostino Steffani (1654-1728), interpretate dall’italiano “Quartetto Erasmus”, con l’apporto al cembalo di Isidoro Taccagni, e pubblicate in questo marzo 2001, la direzione artistica di Giambattista Pianezzola e la produzione di Luca Casagrande. Di queste sei Sonate a quattro parti reali (due violini, viola, violoncello e clavicembalo), con eventuali interventi di oboe, fagotto, e raddoppio del violoncello, si conosceva poco prima della loro esaustiva edizione italiana a stampa, datata 1996. Ne esistono, infatti, solo una copia manoscritta alla British Library di Londra, e due edizioni a stampa, una delle quali probabilmente pubblicata intorno al 1705 da Estienne Roger, ad Amsterdam.
“>Si tratta di brani tratti da melodrammi di grande successo, composti da Steffani per il teatro di Hannover, e “ridotti” dall’Autore stesso a Sonate: “Orlando generoso” (1690), “Henrico Leone” (1689), “La superbia d’Alessandro” (1690), “Le rivali concordi” (1692), “La libertà contenta o Alcibiade” (1693) e “I Trionfi del Fato o le Glorie d’Enea” (1695).
“>Il preteso carattere franco-tedesco della musica di questi melodrammi italiani, di matrice veneziana, messi in scena per il pubblico internazionale, che affollava il più moderno e funzionale, forse, tra i teatri europei del XVII secolo, quello di Hannover, appunto, è, secondo noi, del tutto opinabile, e, francamente, ci pare questione irrilevante. Così il carattere delle splendide Sonate da essi tratte.
Gli interpreti del doppio CD – registrato in Italia, nella settecentesca “Villa Fioroni”, a Guello di Bellagio, sul Lago di Como – di cui scriviamo, si rivelano perfettamente all’altezza della difficilissima, composita e straordinariamente originale musica, partorita dal genio pionieristico di Steffani. Questa delle Sonate, e in generale tutta quella di Steffani, è musica profondamente inquieta, in cui figurano esempi elaborati e raffinati di contrappunto e fuga, o “lamenti” anticipatori dell’opera di J. S. Bach. Musica, dunque, cui attinsero almeno due generazioni di compositori, a partire da G. F. Händel. L’interpretazione, morbida ed incisiva al tempo stesso, dei violini di Giambattista Pianezzola e Giacomo Trevisani, quella calda della viola dal suono vellutato, di Ugo Martelli, quella del violoncello dai toni scuri, profondi e risonanti, di Marcello Scandelli, e quella, magistrale, di Isidoro Taccagni al clavicembalo, è rigorosissima, ma mai “fissa”, al contrario. Si potrebbe cercare una maggiore quantità di variazioni melodiche nei “da capo”, è vero, ma la scelta di attenersi a criteri di eleganti sobrietà e levità non solo ci sembra di ottimo gusto, ma è indice della perfetta comprensione dello stile di Steffani, che alterna frasi tese e drammaticamente scolpite a momenti di lirico abbandono ed estatica, melanconica leggerezza. I musicisti ci sembrano puntare tutto sulla varietà di carattere tra un movimento e l’altro, sulle variazioni di colore e timbro, sulla dinamica e sull’agogica, sullo smalto, inattaccabile, del suono. Omettono inoltre, qualche “da capo”, giudicato, evidentemente, tale da creare una sensazione di pesantezza. In definitiva, questa del “Quartetto Erasmus” e Isidoro Taccagni si rivela una scelta interpretativa di taglio rapido e brillante. La sensazione che riportiamo, all’ascolto dei quasi cento minuti di musica delle Sonate, è esattamente quella che proveremmo difronte ad un grande affresco barocco, ripulito delle eccessive scuriture e ombre depositatevi dalla polvere dei secoli, grazie a un lavoro accurato di restauro, che ne preserva lo “charme” a tratti un poco austero e non sconfina mai nell’arbitrio del “moderno ad ogni costo”. Ma nemmeno indulge ai soliti fasulli luoghi comuni e vezzi baroccheggianti, fortunatamente sempre meno di moda.

I. D.

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