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- 17 Dic 2018
Una possibilità d’emissione dei toni acuti è, notoriamente, quella di ricorrere al registro di “FALSETTO”. […] Il timbro vocale (dei falsettisti) risulta […] povero di armoniche (per la vibrazione del solo bordo libero delle corde vocali), debole d’intensità (per la vibrazione del solo bordo e la riduzione della cavità di risonanza da sollevamento laringeo) e spesso correlato a sensazione percettiva di “FISSITÀ” (per rigidità di posizione della laringe su intervento della muscolatura estrinseca).
Il termine “falsetto” è probabilmente derivante dal tentativo di definire un timbro vocale “NON VERO”.
Per quanto concerne il suo utilizzo artistico, tale registro viene utilizzato dai tenori primi di cori polifonici per eseguire brani a tessitura molto elevata, nella tecnica “jodel” del canto popolare tirolese (caratterizzato da continui e repentini passaggi tra registro pieno e falsetto), nella country music e in repertori folkloristici in genere, nel canto pop, nell’opera dalle voci maschili per EFFETTI COMICI E CARICATURALI, da alcuni tenori leggeri ad impostazione lirica per emettere note acute in “pianissimo” (ma anche da tenori “di forza” quando non sappiano adoperare le mezze voci!) e dai falsettisti nel repertorio rinascimentale e barocco.
I cosiddetti “controtenori” o falsettisti artificiali utilizzano invece un falsetto “rinforzato” ottenuto aggiungendo a tale meccanismo un abbassamento della scatola laringea che consente, tramite un incremento dei fenomeni armonici (per guadagno di spazio di risonanza), l’emissione di un suono più ricco e rotondo nel quale sono tuttavia facilmente riconoscibili le caratteristiche del falsetto.
A questo proposito è utile chiarire che la distinzione compiuta da RODOLFO CELLETTI per DISTINGUERE TRA FALSETTISTI E CASTRATI. […] Il risultato della castrazione è la mancata crescita laringea e delle corde vocali che pertanto mantengono pressoché l’estensione dell’età infantile, estensione che per una voce maschile dopo la pubertà è possibile “imitare” solo attraverso il ricorso al registro di falsetto. Ma così come il “registro” delle voci bianche infantili è un registro pieno su un’estensione acuta, anche il registro del castrato è un REGISTRO PIENO, VERO, in tal senso “NATURALE”, E NON UN’IMITAZIONE IN FALSETTO. IL CASTRATO NON ERA UN FALSETTISTA, semplicemente perché non usava un registro di falsetto. D’altro lato non si comprende perché l’uso del falsetto, nella voce maschile adulta, debba essere etichettato come artificiale: è un registro legittimo, un modo per emettere suoni in acuto, è falsetto e basta. Ecco perché la definizione di falsettisti, eventualmente distinti in sopranisti e contraltisti in base all’estensione, ci sembra la più adeguata a individuare le voci maschili che si muovono su tessiture di ambito tonale femminile.
La resa vocale del falsettista, su tutta la gamma tonale, è diversa, e per alcuni musicologi insufficiente, rispetto a quella che doveva essere un tempo la vocalità del castrato: sia per volume, sia per estensione, sia per pienezza di suono (cioè ricchezza armonica), spessore nel registro grave, qualità d’emissione (suoni penetranti ma aspri nel falsettista), lontana comunque dalla particolarità e ricchezza di colori dei castrati. In effetti l’uso del falsetto professionale su tutta la gamma impone al falsettista una certa uniformità di emissione (e perciò maggiore “rigidità” di gestione delle cavità di risonanza) per realizzare da un lato la sintonizzazione tra frequenza fondamentale e prima formante (nella seconda ottava) ed evitare, per i toni gravi e centrali, il pericolo di scivolamento al registro modale (registro pieno maschile con consonanza di petto).
Confrontando la registrazione della voce del Moreschi, ultimo castrato della Cappella Sistina, con quella degli odierni falsettisti si evidenzia sicuramente una qualità armonica più ricca, un suono in un certo senso più pieno, ma un imbarazzante squilibrio tra i registri, con transizioni molto apparenti e grossolane tra gli ambiti tonali, e all’epoca della registrazione la voce del Moreschi non era certo in declino.
Quella del castrato era forse allora l’unione di tre voci in una? E’ forse per questo che nell’unica registrazione a noi pervenuta di un castrato, il Moreschi, oltre una più ampia gamma di colori e volumi rispetto al falsettista odierno percepiamo un imbarazzante ma netto scivolamento tra registri o modalità fonatorie diverse? Cosa che invece non notiamo nella più modesta (a livello di volume e ricchezza armonica) ma più timbricamente omogenea (fino ad apparirci noiosa e incolore) voce del falsettista.
Franco Fussi è consulente foniatra del Teatro Comunale di Bologna, delle Accademie d’Arte Lirica di Osimo, Martina Franca e dell’Accademia Rossiniana di Pesaro, della Scuola dell’Opera Italiana del Comunale di Bologna.
Medico-chirurgo, specialista in Foniatria e Otorinolaringoiatria, responsabile del Centro Audiologico Foniatrico dell’Azienda USL di Ravenna, Responsabile scientifico con Silvia Magnani del corso di Alta Formazione in Vocologia Artistica dell’Università di Bologna diretto dal prof. Antonio Pirodda (con sede a Ravenna), Docente al Corso di Laurea di Logopedia dell’Università degli Studi di Bologna (sede di Ravenna) e già docente al Corso di Specializzazione in Audiologia e Foniatria dell’Università di Ferrara. ———————–
Franco Fussi is a phoniatristic consultant for the Teatro Comunale di Bologna, the Academy of Opera Art in Osimo, Martina Franca and the Accademia Rossiniana in Pesaro, of the Scuola dell’Opera Italiana of the Comunale di Bologna.
Doctor-surgeon, specialist in Phoniatrics and Otorhinolaryngology, Head of the Audiology Center of the USL Company of Ravenna, Scientific Manager with Silvia Magnani of the Advanced Training Course in Artistic Vocology of the University of Bologna directed by prof. Antonio Pirodda (based in Ravenna), Lecturer in the Course of Speech Therapy of the University of Bologna (Ravenna) and already a lecturer in the Specialization course in Audiology and Phoniatrics of the University of Ferrara.
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